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Ora la bioplastica si ottiene anche dai liquami
Si dice che nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.
Deve essere stato proprio questo detto a ispirare il lavoro di un'azienda americana con base a Sacramento (California - USA), tale Micromidas, che con il suo progetto EnergyNow pensa di aver trovato un modo intelligente per riutilizzare le acque reflue.
Probabilmente solo in pochi di noi conoscono il problema, ma la questione è decisamente seria sul piano ambientale visto che le acque reflue, una volta depurate, si lasciano alle spalle tonnellate e tonnellate di fanghi che devono essere a loro volta smaltiti in discarica o bruciati.
Un problema che, oltretutto, costa caro e grava sulle tasche dei contribuenti.
Ecco, i signori della Micromidas si sono adoperati proprio su questo fronte riuscendo a trasformare i fanghi in bioplastica.
A onor del vero l'idea non è nuova, ma mai prima d'ora c'era stato qualcuno in grado di rendere concreta la teoria a un prezzo accessibile come ha fatto l'azienda americana con il suo brevetto.
In pratica i fanghi vengono scaldati fino a quando non si sciolgono e assumono la forma liquida; dopo di che è aggiunto loro un vero e proprio cocktail di batteri grazie ai quali si innesca una reazione che trasforma i fanghi liquidi in un composto più denso da cui, attraverso una macchina ad estrusione, viene prodotta la bioplastica.
Se dunque l'idea prenderà piede, potrebbe aprirsi un grande business: tanto per fare un esempio, basti dire che quasi il 5% del petrolio consumato negli Stati Uniti (qualcosa come circa 300 milioni di barili l'anno) serve per realizzare prodotti di plastica come le borse della spesa o altri prodotti meno "nobili" (come le custodie per i CD o la pellicola utilizzata per imballare i pallet, ad esempio) che, invece, potrebbero essere ricavati con questo tipo di bioplastica.
Ad una sola domanda non è ancora stata data però una riposta: questa plastica ecologica puzzerà?
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Argomenti: bioplastica dai liquami, riciclare fanghi acque reflue, EnergyNow, Micromidas
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