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La scoperta degli scienziati della NASA: grazie alle alghe d'acqua dolce i biocarburanti si fanno in... mare
Perché mai mettersi a trasferire alghe di acqua dolce al mare?
Semplice: per produrre biocarburanti.
Un'idea che potrebbe sembrare folle, ma che tale non è anche perché chi ci si sta impegnando porta il nome di NASA, ebbene sì, proprio l'ente spaziale americano.
Il progetto è stato chiamato Omega (acronimo di Offshore Membrane Enclosures for Growing Algae) e appare veramente avveniristico per svariati motivi: innanzi tutto perché come area di lavoro, invece di occupare il suolo per la produzione delle colture con cui ricavare i biocarburanti, utilizza il mare e le zone deserte dell'ecosistema marino.
Poi perché, solo sfruttando l'energia del sole, trasforma le acque reflue da minaccia per l'ambiente in vera e propria risorsa da cui ricavare carburante, acqua pulita e ossigeno.
Curiosi di sapere come funziona l'arcano, eh? Bene, cerchiamo di capirlo in modo semplice: le alghe d'acqua dolce vengono racchiuse in strutture chiamate fotobioreattori i quali sono dotati di una membrana particolare (denominata Forward-Osmosis Membranes) che permette il passaggio dell'acqua dolce dal sistema al mare, ma non viceversa.
In pratica, le acque reflue vengono pompate all'interno dei fotobioreattori dove le alghe, esclusivamente grazie alla luce del sole, la trasformano in acqua dolce e ossigeno, che attraverso la membrana vengono rilasciati in mare, e biocarburanti che sono, invece, raccolti.
Per chi teme un disastro all'ecosistema marino che potrebbe venir alterato se i fotobioreattori si rompessero o avessero delle perdite, va subito detto di stare tranquilli perché a contatto con l'acqua salata del mare le alghe d'acqua dolce muoiono, dunque non vi è alcun pericolo di trovarsi un domani a fare il bagno ed essere aggrediti da alghe... aliene.
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Argomenti: biocarburanti con alghe, fotobioreattore, fotobioreattori, progetto Omega, energie alternative
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